Mi ero sempre chiesto, da ragazzo, il significato di quella espressione strana con cui nella Bibbia si descriveva il Natale: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna...". La pienezza del tempo...All'inizio pensavo che si volesse dire: quando le circostanze furono ideali, al tempo opportuno; insomma che Dio sapeva realizzare sapientemente i suoi progetti. Ma non mi convinceva: Dio sarebbe stato poco più, poco meno...alla stregua di un bravo allenatore di calcio che sa quando far entrare un giocatore in campo. Eppure pienezza del tempo poteva solo indicare -secondo la mia deformazione scolastica- che c'è un tempo pieno e che può anche esistere un tempo vuoto.
Anche l'esperienza ce lo rivela: c'è un tempo che ci interessa e c'è un tempo che scorre. Un'ora trascorsa ad ascoltare un predicatore noioso e un'ora con il proprio fidanzato sono cronologicamente identiche, ma sono straordinariamente diverse dal punto di vista del contenuto. C'è un tempo che sta fuori di noi e che fa il computo del giorno; questo tempo è una convenzione, un accordo e il suo fluire può anche non toccarci; ma c'è un tempo il cui contenuto ci cambia, che lo vogliamo o no. Il 26 Aprile 1986 è solo un giorno prima del 27 Aprile e appena 24 ore dopo il 25 Aprile dello stesso anno: ma per gli abitanti di Chernobyl quel giorno ha segnato un evento la cui ricaduta non ha chiesto ad alcuno il permesso di creare gli effetti devastanti che conosciamo.
Allora la frase di San Paolo va capovolta: "Quando Dio mandò il suo Figlio, nato da donna...fu la pienezza del tempo!". Allora, solo allora -dice la Bibbia- lo scorrere dei secoli acquistò contenuto e venne ad incidere l'esistenza di ogni persona. Da allora, senza tregua, ogni essere umano che viene alla luce fa i conti con Gesù.
La cosa è di una portata unica: il fluire transitorio e irreversibile delle albe e dei tramonti umani ha conosciuto un fatto che li ha 'riempiti' tutti: eccola la pienezza, il riempimento. Ogni evento umano è transitorio e questo fa la sua preziosità, che è anche la sua debolezza: non lo si può più far tornare. Ciò che è passato è passato per sempre. Ogni istante è unico; per questo la bellezza della vita è anche la sua tristezza: il senso di caducità si accompagna al senso di preziosità. A un certo punto della catena umana eccoti un uomo che ne spezza il gioco regolare e cadenzato: anche lui nasce, anche lui muore. Ma poi torna vivo: prodigiosamente vivo, inauditamente. I suoi compagni lo incontrano, ci parlano, mangiano con lui e lo vedono vivo, lo sentono vivo. Da allora dura questa storia in cui sono inserito anch'io, forse anche tu.
Così, ogni anno, a Natale, i cristiani celebrano un giorno -convenzionale anche quello- in cui il tempo ha ricevuto la sua misura: un giorno rispetto al quale, nato quel bambino, io posso vivere ogni esperienza senza più il dramma della caducità. Tutto quello che vivo, ogni istante che respiro, non scorre più a vuoto: se lo vivo per Lui, se lo vivo con Lui, non si perde. Ne nasce una visione nuova: il mondo non è un corpo siderale sfuggito alla mano del Creatore: se Gesù, nascendo, ha riempito il tempo, il tempo è in riferimento a Lui e in Lui si spiega. Suo è il passato: perciò anch'io, anche tu, possiamo ripensarlo con tutti i nostri errori e pentimenti nella gioia e nella fierezza di appartenergli; suo è il futuro: così che nessuna pessimistica previsione può turbare il nostro sguardo in avanti.
Capisci perché lo celebriamo ogni anno? E ovunque? Perché non ce ne importa proprio nulla che si sia trattato di Betlemme e dell'anno in cui era governatore della Siria Quirino. Se Lui è il Tempo: nasce oggi e nascerà domani; nasce fra i trulli di Alberobello e nasce tra gli igloo degli eschimesi. Egli riempie della sua Luce e della sua gioia il mio presente e nulla resta dell'antico mito per cui Crono, il dio del tempo, uccide i suoi figli. Mito che inquinava le nostre giornate a faceva da incubo alle nostre notti insonni. Tempo contro il quale avevamo ingaggiato una lotta impari, perché ad ogni 31 Dicembre sentivamo che il nemico aveva guadagnato terreno e ci aveva logorato ancora un po'. A noi restava solo, in ogni cadere di anno, registrare cedimenti e arretramenti; camuffando in modo pacchiano la nostra tristezza: un po' di colore ai capelli, il trucco che nasconda le rughe, un abbigliamento giovanile e accattivante. Che era un altro modo di stare con le spalle al muro. Questa è storia vecchia, amico mio. Oggi è Natale. E' successa una cosa nuova.
Non vivere come gli antichi babilonesi o i fenici, come gli uomini del tempo di Socrate. A noi è toccata un'altra fortuna.
don Fabio